26 aprile 2019 - 03:47

Jean-Claude Romand, dopo 26 anni di prigione il finto medico torna libero

Sterminò l’intera famiglia per non far scoprire una vita di bugie. Condannato all’ergastolo, gli è stata concessa la libertà vigilata. Carrère raccontò la vicenda nel libro «L’avversario» (2000)

di Laura Zangarini

Jean-Claude Romand, dopo 26 anni di prigione il finto medico torna libero
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Dopo 26 anni di carcere tornerà libero Jean-Claude Romand, il finto medico francese con un finto impiego da ricercatore presso l’Organizzazione mondiale della sanità (Oms), che uccise la moglie, i suoi due figli di 7 e 5 anni, i genitori e tentò di uccidere l’amante per evitare che le sua bugie venissero scoperte.

Sono le quattro del mattino, l’11 gennaio 1993, nella tranquilla cittadina di Prévessin-Moëns, nel paese di Gex (Ain), quando risuona la sirena dei vigili del fuoco. I pompieri si dirigono verso la casa dei Romand, il cui tetto è avvolto dalle fiamme. Dentro, trovano i corpi senza vita di Florence, la madre, 37 anni, e dei bambini, Caroline, 7 e Antoine, 5. Jean-Claude, il padre, è incosciente, ma il suo polso batte ancora. Viene portato all’ospedale. A circa 75 km di distanza, a Clairvaux-les-Lacs (Giura), più tardi nel corso della giornata, i corpi dei genitori di Jean-Claude, Anne-Marie e Aimé, vengono trovati nella loro casa crivellati di proiettili. Subito, i sospetti si rivolgono a Jean-Claude Romand. Riavvolgendo il nastro della vita di questo brillante ricercatore presso l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS), marito ideale e padre modello, la polizia scoprirà l’impensabile.

Quest’uomo, 38 anni al tempo dei fatti, ha mentito su tutto per anni: non è un medico e ha truffato la sua famiglia e i suoi cari. Condannato all’ergastolo nel luglio 1996 per omicidio, tentato omicidio, incendio doloso, Jean-Claude Romand ha trascorso 25 anni in prigione. Giovedì 25 aprile 2019, la Corte d’appello di Bourges (dipartimento dello Cher) gli ha concesso la libertà condizionale, dopo un rifiuto in febbraio. Dalla prima menzogna, durante gli anni di scuola a Lione, al quintuplo omicidio, il caso Romand è uno degli eventi di cronaca nera più significativi della fine del XX secolo.

Romand è nato nel 1954 in un piccolo paese del Giura, nel sudest della Francia. Dopo aver arrancato alle scuole superiori tenta di laurearsi in medicina ma non riuscendo a passare gli esami del secondo anno inizia a mentire. Si iscrive per 12 volte consecutive, dal 1975 al 1986, al secondo anno di medicina per ottenere il certificato che gli avrebbe consentito di dimostrare che stava continuando gli studi. Nel 1986 finge di laurearsi e poi racconta di aver ottenuto un lavoro presso l’Organizzazione Mondiale della Sanità. Riesce a barcamenarsi con le sue bugie per sei anni, passando in realtà il suo tempo nell’ufficio informazioni dell’Oms come visitatore.

A far esplodere la situazione saranno i debiti accumulati. L’indagine, condotta dal giudice istruttore, ha dimostrato che la famiglia Romand ha speso più di 60.000 franchi al mese (9.150 euro) per diversi anni. Ma come continuare a finanziare una vita di menzogne? La principale fonte di reddito di Romand proviene dai suoi genitori. Ha una procura sul loro conto che alla fine svuoterà. Questo non è sufficiente per garantire il tenore di vita della famiglia: affitto elevato, auto di lusso, vacanze esclusive. Quindi Jean-Claude prende in prestito denaro dal suo entourage. Tra il 1985 e il 1993 avrebbe messo le mani su quasi 3 milioni di franchi (poco più di 450.000 euro). Il mitomane non manca di risorse per raggiungere i suoi scopi. Parla con i suoi famigliari dei suoi cosiddetti investimenti finanziari in Svizzera a tassi di rendimento molto interessanti. Il suo entourage si fida di lui e gli chiede di investire anche i soldi di famiglia.

I fratelli di Florence, Emmanuel e Jean-Noël, gli danno 15.000 franchi (2.300 euro) ciascuno. Suo suocero, Pierre Crolet, gli affida 400.000 franchi (61.000 euro). Romand si spinge così lontano da vendere medicinali contraffatti a uno zio, sofferente e malato, della moglie: gli estorce 60.000 franchi (9.150 euro). Lo zio muore qualche tempo dopo. Nel 1988, dopo la morte di suo suocero (in seguito a una caduta dalle scale di cui è stato sospettato il genero, che però ha sempre respinto ogni addebito), Jean-Claude si occupa della vendita della casa di famiglia e recupera 650.000 franchi (100.000 euro). Riesce così a garantire lo stile di vita di moglie e figli per qualche altro anno. Ma le riserve continuano a diminuire. A Jean-Claude riesce un ultimo colpo nei primi anni 1990. A quel tempo, si avvicina a Chantal Delalande, l’ex-moglie di un amico della coppia Romand che copre i regali. Lei gli parla di circa 900.000 franchi (137.000 euro) ottenuti dalla vendita dell’ufficio del suo dentista e gli chiede un consiglio. Come gli altri, Chantal finirà per affidare i suoi soldi a Jean-Claude. Quando i creditori iniziano a reclamare il denaro, Romand capisce che il suo castello di bugie comincia a crollare. Così compra una pistola, un silenziatore e una tanica di benzina.

Uccide Florence sfondandole il cranio con un mattarello, in camera da letto. La sera successiva uccide i figli a fucilate: prima Caroline, Antoine a seguire. Poi esce di casa come se nulla fosse, carica il fucile nel bagagliaio e si dirige verso Clairvaux-les-Lacs, dove vivono i suoi genitori. Sul posto, gli investigatori trovano tracce di un pranzo in famiglia. Solo dopo scoprono che Jean-Claude ha ucciso il padre con due proiettili, nella sua vecchia stanza, e sua madre, in soggiorno. La sua ultima vittima? Il cane della coppia. «Pensavo che Caroline dovesse averlo con lei — dice al processo —, lo amava». A quel punto rimane da uccidere solo Chantal Delalande, che è a conoscenza delle sue bugie.

Cerca di strangolarla ma lei riesce a difendersi. Jean-Claude implora il suo perdono e addebita questo atto di pazzia alla malattia (un cancro) di cui soffre. Torna a casa, ingerisce dei sonniferi scaduti da dieci anni e dà fuoco all’abitazione. I pompieri lo ritrovano ancora vivo. Processato, viene condannato all’ergastolo. Il 25 aprile, 26 anni dopo, la Corte d’Appello di Bourges ha accolto l’istanza di libertà presentata dai suoi avvocati e la decisione, secondo quanto scrive «Le Figaro», dovrà essere effettiva entro il prossimo 28 giugno. Uscirà in libertà vigilata e per due anni dovrà indossare il braccialetto elettronico.

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